fuori repertorio


Buffet

(2007)

foto Chiara Fallavollita














con 
Isabella Di Cola, Alessandra Di Lernia, Elvira Frosini, Veronica Sferra
regia e drammaturgia Elvira Frosini
disegno luci Ilaria Patamia
produzione Kataklisma

Quattro performer in un vuoto imprescindibile hanno come unico appiglio un buffet: cibo continuamente mangiato, stralci di quotidiano deformato mai vissuto autenticamente, piccoli orrori contemporanei, leggeri, abituali, impercettibili, niente di grave. Le azioni si ripetono, si deformano, si lasciano guardare. È una ricerca su quel tanto di mostruoso che, scavando, si rinviene dietro la realtà opaca, un grande vuoto... 

video promo Buffet




estratti Rassegna stampa


Marcantonio Lucidi
Left - Avvenimenti
Pantagruele in un fast food: perderebbe l’enorme ilarità, la gigantesca gioia di vivere, l'elefantiaca bulimia. Cosa di più contrario al piacere del cibo di un fast food? E quindi di avverso alla civiltà e invece generatore di avvilimento, mortificazione dell'uomo? Buffet, regia e drammaturgia di Elvira Frosini,  mostra quattro performer di fronte a una lunga striscia di cibo accatastato per terra, un po' come i rifiuti di napoli. Quello che succede, in un teatro siffatto, è l'esplicitazione del rapporto fra l'essere umano, inteso come copro nello spazio, e laroba damangiare, vista quale spazzatura del consumismo. Storia di esseri in regressioni quindi, divoratori di civiltà, mentalmente, anzi neurologicamente, disarticolati nell'arretramento.  


Nico Garrone
Repubblica
Buffet: apocalisse bauschiana formato cattering 


Giacomo D'Alelio
Liberazione
Come in un altro tassello del progetto, Buffet: in un tempo congelato quattro donne si (non)nutrono da un vero e proprio buffet preparato di fronte al pubblico. Come in “i”, opera ancora in forma ibrida, Isabella Di Cola e Vincenzo Manna protagonisti: non-storia sui cliché del vivere contemporaneo. Se in Buffet una via d’uscita non sembrava esistere in un tempo congelato e inevitabile, in “i” è sospirata grazie a un consapevole “movimento” umano.


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TIME
performance

(2008)
 


con
Cristiane Canassa, Isabella Di Cola, Alessandra Di Lernia, Elvira Frosini,  Ombretta Gamberale, Veronica Sferra   
regia: Elvira Frosini
produzione Kataklisma 
durata 20'   

Performance breve sul tempo, come attimo sospeso, accumulazione infinita di intervalli equivalenti, la sospensione o scomparsa di una dimensione storica mentre siamo immersi in un tempo colonizzato, in “un'epoca senza festa” (G. Debord).  Le azioni si ripetono, si deformano, si lasciano guardare. 

 
estratti Rassegna stampa


Attilio Scarpellini
La differenza
Molti lavorano sul corpo come oggetto estetico. Pochi, invece, come Kataklisma sul corpo come macchina sociale. Dopo Buffet, anche la breve performance di Time non fa che confermarlo: l’utopia e le retoriche del presente sono il terreno più profondo di una riflessione morale che Elvira Frosini porta avanti attraverso il teatro. Non è tanto – o non è solo – la ripetitività a dettare lo strano magnetismo emanato dai movimenti delle sei donne nerovestite, seducenti e irrepresensibilmente truccate, che la regista ha schierato su un’immaginaria linea di partenza nel foyer del Palladium, con le spalle alla gran parte del pubblico. È anzitutto il contrasto tra la simmetria plenaria, novecentesca, dei loro movimenti corali rigorosamente more geometrico e le continue dislessie che affliggono i diversi corpi individuali in un comico succedersi di inciampi, cadute, slogamenti, inabissamenti – fino a scivolare a corpo morto, ma lanciati come siluri, nella totale inerzia di quella posizione distesa che secondo Husserl segnalava il “grado zero” dell’energia umana. Joyce diceva che la Storia era un incubo, Kataklisma descrive l’incubo divenuto ordinario in cui il riflusso della storia getta un’esistenza immersa nell’identità di un tempo equalizzato sull’istante, in un eterno presente puntuale e ossessionante (la grande sveglia che una delle giovani interpreti, addormentata come una marionetta, stringe tra le braccia) dove ogni variazione (vivere, amare, mangiare) è una differenza illusoria destinata a ripetere il tema. Out of time, in un fuori indisponibile alla percezione storica, c’è solo il malinconico dinosauro giocattolo che la regista tiene con un lungo guinzaglio rosso. Balletto meccanico per spasmi e brusche interruzioni di energia, dove si avanza e si cade con l’incessante monotonia delle pile che non sono duracell, Time celebra la fine di ogni durata e, se la citazione di Haendel non è ingannevole, di ogni possibilità che il tempo degli orologi sia stroncato dall’infarto di un “arresto messianico dell’accadere”.


Giacomo D'Alelio
Liberazione
«E corri e corri per raggiungere il sole ma sta tramontando, correndo in tondo per rispuntare di nuovo dietro di te». Sono alcuni versi di “Time” dei Pink Floyd, ingranaggio del meccanismo perfetto di The Dark Side of The Moon. Denunciava il perdersi dell’essere umano in un vuoto di senso e significato; sono scivolati gli anni dal calendario, ma più che imparare ad evitare la caduta uomini e donne sembrano essersi omologati a coordinate posticce. Reticolo su cui si sviluppa Time di Elvira Frosini - in scena il 29 maggio alla terza edizione di Teatri di Vetro, fino al 1 giugno al Palladium di Roma. Time è frammento/scheggia, si muove su assi orizzontali e verticali attraversati da anime femminili che, nella reiterazione meccanica di gesti quotidiani, ci fa avvertire il ticchettio della bomba ad orologeria che siamo diventati. E’ l’armonia del Messiahdi Handel ad accompagnare il sorriso paralizzato delle sei performer, sostituito sul finale da un frastuono crescente, che confonde le vuote parole di uso comune con quelle pronunciate. L’escalation ad ogni nuova apparizione è propria del Progetto
Politicalbody, dal 2005 per volontà creativa di Elvira Frosini, che sviluppa una ricerca sul corpo come incrocio spazio-temporale di cultura, convenzioni, rapporti di potere e comunicazione. Ci si inoltra nella dimensione del paradosso, del non ovvio, del dramma che diventa farsa. Come in un altro tassello del progetto, Buffet: in un tempo congelato quattro donne si (non)nutrono da un vero e proprio buffet preparato di fronte al pubblico. Come in I, opera ancora in forma ibrida, Isabella Di Cola e Vincenzo Manna protagonisti: non-storia sui cliché del vivere contemporaneo. Se in Buffetuna via d’uscita non sembrava esistere in un tempo congelato e inevitabile, in I è sospirata grazie a un consapevole “movimento” umano. In “Time” di Kataklisma siamo bombe a orologeria
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ISTRUZIONI PER LA SOPRAVVIVENZA
performance

(2007) 
 
di e con  Elvira Frosini e Ilaria Patamia regia Elvira Frosini
elaborazione live video Lorenzo Letizia produzione Kataklisma   
durata 20' 




Istruzioni per la sopravvivenza è una performance di 20 min. Due performer accolgono il pubblico come due hostess, lo fanno sedere, lo manipolano continuamente e impartiscono una serie di istruzioni di genere molto vario, dai semplici segnali stradali, alle istruzioni più comuni che si incontrano nella vita quotidiana, a istruzioni per sopravvivere in caso di guerra. Nel frattempo un performer di cui non si vede il volto  riprende il pubblico con una videocamera, mentre viene proiettato su uno schermo un video in cui appaiono i volti degli spettatori. Istruzioni, regole, segnali, reticolato di messaggi che coinvolgono imprevedibilmente lo spettatore ponendogli il quesito della passività, gioco serio tra il bosco dei segnali della civiltà e la presenza sotterranea della violenza e della precarietà sotto la mappa apparentemente rassicurante  delle regole civili.

 Il ridurre-a-oggetto: non è questa la fonte principale della violenza? La feticizzazione, all’interno della comunicazione pubblica, di uomini e processi vivi e contraddittori, fino a cristallizzarli in pezzi prefabbricati e quinte teatrali: morti essi stessi, e che uccidono gli altri.” (Christa Wolf – Premesse a Cassandra)


video Istruzioni per la sopravvivenza  




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